pat_la_ragazza_del_baseball

Il lato B del 45 giri de “Il Dr. Slump ed Arale” non è forse tra i brani più conosciuti e celebrati ma io lo ricordo con affetto e, come tutti i brani del Coro delle Mele Verdi, merita di essere ascoltato e riascoltato perché è una piccola perla di composizione. La linea di basso è un ottimo esempio di solidità ritmica e armonica, semplice, affrontabile da tutti ma allo stesso tempo divertente e mai scontata, come ormai abbiamo imparato ad apprezzare ricordando i nostri cartoni animati preferiti.

Il manga

Uno spōkon shōnen manga con una storia assai particolare. Il tema portante è il baseball, uno sport tra i più apprezzati in Giappone che venne introdotto nel 1872 da Horace Wilson, un professore americano di liceo che lo insegnò ai propri studenti giapponesi.

Il fumetto da cui venne tratta la serie TV che tutti conosciamo è uno solo e risale ai primi anni ’70. Seguirono altre pubblicazioni che raccolgo in questo elenco:

  • 1973. “Yakyūkyō no Uta” (“Pat, la ragazza del baseball”). L’autore del manga è Shinji Mizushima. Pubblicato in 17 tankōbon. Questa è la prima storia originale pubblicata.
  • 1997. Viene pubblicato il seguito della storia originale, “Yakyūkyō no Uta – Heisei-hen”, edito in 3 volumi da Kodansha. Qui Pat è una quarantenne sposata con una figlia e diventa la prima allenatrice donna di una squadra di professionisti.
  • 2000. “Shin Yakyūkyō no Uta” è un nuovo seguito pubblicato su 12 tankōbon.
  • 2006. “Yakyūkyō no Uta vs Dokaben” (野球狂の詩 VS.ドカベン) è un ulteriore seguito del manga in un volume unico edito da Kodansha. “Dokaben” fa riferimento ad un altro manga dello stesso autore, sempre incentrato sul tema del baseball (“Mr. Baseball” in Italia).

Nessuno dei manga citati è stato pubblicato in Italia. Tutti i sequel sono stati scritti dallo stesso Shinji Mizushima. Egli, morto recentemente ad 82 anni nel 2022, era un vero maestro del genere e il baseball era il suo tema preferito. Il suo capolavoro assoluto, non fu però “Yakyūkyō no Uta” bensì “Dokaben”, un manga sul baseball che durò tantissimi anni: tra storia principale e sequel fu pubblicato dal 1972 fino al 2018 e fu raccolto in ben 205 tankōbon rendendolo il secondo manga della storia per numero di volumi volumi!

L’anime

In Giappone il cartone animato andò in onda a dal 23 dicembre 1977 al 26 marzo 1979 su Fuji TV. Fu diretto da Eiji Okabe mentre la sceneggiatura del lavoro fu affidata congiuntamente a Tatsuo Tamura, Iwao Yamazaki, Shun’ichi Yukimuro, Mitsuru Majima e Ryuzo Nakanishi, e si concluse dopo 25 episodi. Questi episodi duravano ben 45 minuti.

L’anime racconta la storia di Yūki (Pat in Italia), una ragazza con l’aspirazione di studiare per fare la veterinaria in Africa. Sceglie il baseball solo per tenersi in forma ma è molto brava e viene notata da Iwata, un vecchio giocatore a fine carriera. Il regolamento non permette ad una ragazza di giocare in una squadra maschile ma Iwata riesce sia a far cambiare il regolamento che, cosa ben più difficile, a convincere Yūki a dedicarsi al baseball in maniera seria. Viene infine affidata ad un compagno di squadra, Yuko, che una notte sogna un colpo incredibile e imbattibile. Quasi ossessionato da quel sogno, egli porta Pat a realizzarlo ma viene trasferito in un’altra squadra. Entrambi dovranno mantenere il segreto ma Yoko sa anche che è l’unico che potrà fermare quel colpo di Yūki proprio perché ne conosce anche il minimo dettaglio.

L’anime è diviso in due sezioni principali. La prima riguarda la storia di Yūki che ho raccontato a grandi linee, la seconda è composta da una decina di storie auto-conclusive che si svolgono lungo uno, due o anche tre episodi. Queste storie non hanno un tema narrativo comune ma sono indipendenti anche dal punto di vista cronologico, sebbene restino sul tema generale del baseball.

Oltre a questo anime vennero realizzate altre opere, tutte inedite in Italia ma che per completezza elenco di seguito:

  • 1977. “Yakyūkyō no Uta”, un lungometraggio live-action che ricalca la storia della serie animata. L’interprete di Yūki è l’idol Midori Kinouchi. Ebbe un notevole successo grazie alla fedeltà all’originale.
  • 1979. Lungometraggio ottenuto con il montaggio degli episodi 13 e 14, corrispondenti ad una delle storie indipendenti della seconda parte.
  • 1985. Dal 7 gennaio, su Fuji TV viene messo in onda un dorama (un tipo di serie TV molto diffuso in oriente) scritto da Keiji Okutsu. In questo caso l’interprete di Pat è Yūki Saitō, la famosa idol che ha cantato la sigla di “Maison Ikkoku” (Cara dolce Kyoko”), Kanashimi Yo Konnichi Wa.

In Italia si capì immediatamente che gli episodi da 45 minuti della serie originale non avrebbero funzionato poiché probabilmente da un lato erano troppo lunghi per garantire l’attenzione del pubblico e dall’altro avrebbero sottratto tempo al palinsesto quotidiano. Gli episodi furono quindi tagliati a metà e diventarono 50.

Il cartone animato non andò mai in onda sulle reti di stato ma su quelle private come Super 3 e Telemontecarlo a partire dal 1983.

Le sigle originali

Dalla serie furono tratti tre 45 giri con i brani principali di apertura e chiusura. Le stesse canzoni si trovano anche in alcune compilation.

Yakyūkyō No Uta (1977); musica e arrangiamento del mitico Chumei Watanabe; interpreti delle parti vocali sono Mitsuko Horie e il Columbia Dansei Gasshōdan, un famoso coro di voci maschili. Il brano, in apertura agli episodi da 1 a 12 e da 15 a 25, è pressoché strumentale. Il cantato è una semplice sillabazione melodica doppiata dalla tromba. La melodia viene ripresa nella seconda parte del brano da un’armonica. L’arrangiamento invece mi ricorda un po’ le colonne sonore di film e telefilm anni ’70. Linea di basso semplice ma non scontata. Abbiamo ormai imparato la maniacale precisione e attenzione per questo strumento (e non solo) da parte dei giapponesi.

https://youtu.be/nGLeslvhzZ0?si=Bl4yWe7AxdqCOCd9

Yūki No Theme (1977); musica e arrangiamento: Chumei Watanabe; testo dello stesso autore del manga, Shinji Mizushima; interprete: Mitsuko Horie. Sigla di chiusura degli episodi 1-11. Una bella ballata malinconica dove la voce di Mitsuko Horie si poggia su un arrangiamento interessante ed è ben corrisposta da pianoforte e chitarra elettrica. Qualche accenno alla colonna sonora di “Rocky” da parte dei fiati, sebbene non dichiarato, io ce la sento! Bella e articolata la linea di basso.

https://youtu.be/2kFVE2CDLQg?si=OxRvcrSTQgmn-bPK

Kita no Ōkami Minami no Tora (1979); musica: Taiji Nakamura; arrangiamento: Mitsuo Hagita; testo: Jun Hashimoto; interprete: Ichirō Mizuki. Sigla di apertura degli episodi 13 e 14. Brano altisonante, un mix tra moderno e classico: la ballata, introdotta da fraseggi di chitarra elettrica che fa molto Lunedifilm, ha un pianoforte accennato in veloci accordi ribattuti. Gli archi sono arrangiati in maniera quasi cinematografica e non ci si fa mancare neanche il fischio spaghetti western style.

https://youtu.be/ydeAzybQ02A?si=D5EKWNZgmGaMV6G4

Kāsan no Tomoshibi (1979); musica: Taiji Nakamura; arrangiamento: Mitsuo Hagita; testo: Jun Hashimoto; interprete: Ichirō Mizuki. Sigla di chiusura degli episodi 13 e 14. Anche qui una ballata che ha dello straziante. Archi a non finire arrangiati come non ci fosse un domani e una tristissima armonica che irrompe già all’incipit. In sottofondo (e neanche troppo) gli autori hanno osato anche quello che mi sembra tanto un corno francese in un inconsueto e sommesso scambio di fraseggi con archi e chitarra elettrica. In generale, il brano non è poi male.

https://youtu.be/EunNdBleWKY?si=EfJCxIoNClsOdvAU

Eikō no Kanata E (1979); musica e arrangiamento di Chumei Watanabe; testo: Jun Hashimoto; interpreti: Ichiro Mizuki. Sigla di chiusura degli episodi 12 e 15-25. Anche qui ci sono andati di armonica ma il brano è, diciamo, più movimentato. Nonostante Mizuki si sforzi di rendere il brano appetibile, a me sembra più adatto ad una sagra di paese che ad un anime sul baseball. L’arrangiamento è presente in maniera decisamente poco appariscente.

https://youtu.be/uc2UTUWmaU0?si=OHLiJ9wYphrfnxzf

Yūgure no Gurando (1979). Musica e arrangiamento di Chumei Watanabe. Un brano interamente strumentale. Purtroppo non ho trovato riferimenti audio a questo brano.

La sigla italiana

La musica del brano italiano è stata composta nel 1983 da Claudio Maioli. Maioli è un compositore e arrangiatore, oltre che tastierista, che ha iniziato la propria carriera suonando in Anima Latina, uno degli album più intensi e particolari di Lucio Battisti. Ha suonato anche per Venditti e Ivan Graziani.

L’arrangiamento è stato curato da Corrado Castellari, compositore, cantante e chitarrista, stretto collaboratore delle Mele Verdi di Mitzi Amoroso. Accanto a lui Silvano D’Auria che, sebbene non sia accreditato sul disco è ricordato nei racconti dei protagonisti per aver contribuito all’arrangiamento. Non solo, D’Auria era presenza pressoché fissa negli studi di registrazione ed interagiva costantemente con Corrado Castellari.

Il testo è di Loriana Lana, stessa autrice di Voltus V ma anche autrice che nella sua carriera ha scritto per artisti importanti della canzone italiana e straniera: Mina, Iva Zanicchi, Ivana Spagna e Amii Stewart sono alcuni dei nomi più rappresentativi.

I veri protagonisti di questa splendida canzone sono però gli interpreti: Alessandra Maldifassi con il Coro Le Mele Verdi di Mitzi Amoroso. La piccola Alessandra, con la sua voce accogliente e leggera è la vera star del brano. Faceva parte del Coro delle Mele Verdi e in questo brano fu scelta da Mitzi Amoroso per l’interpretazione solista. Mi sarebbe piaciuto sentirla ancora, magari leggere una sua intervista per sapere meglio come visse quei momenti nel coro ma è andata a cantare la musica delle alte sfere, a neanche 22 anni, lasciandoci tristi e disarmati di fronte ad una scelta superiore che non poteva essere cambiata.

Tra i musicisti che parteciparono alla registrazione del brano c’erano turnisti di alto livello, come succedeva sempre in quel periodo. Con tutta probabilità, come raccontato dallo stesso Corrado Castellari, tra i musicisti presenti vi erano Sergio Farina alla chitarra e Gigi Cappellotto al basso.

Il brano è la sigla iniziale e finale di tutte le puntate della serie. Non succedeva frequentemente che il coro Le Mele Verdi cantasse un testo di un autore che non fosse Mitzi Amoroso ma in questo caso le scelte furono probabilmente in capo all’RCA. La collaborazione con Castellari fu invece stretta e duratura e portò alla realizzazione di altre celebri sigle tanto che, la coppia artistica Castellari-Mele Verdi è da ritenersi al pari di artisti come Rocking Horse o Cavalieri del Re, se non per volume di brani prodotti, sicuramente per qualità compositiva. L’attenzione per i testi di Mitzi Amoroso era poi del tutto particolare.

All’interno del brano si possono ascoltare due versi cantati da altre due “Mele” storiche, frasi rimaste celebri nel genere sigla e che tutti gli appassionati ricordano senza indugio: Monica Pilolli canta “ride anche la luna” e riceve in risposta la frase “ridi pure tu”, cantata invece da Stefania Bruno.

Nel coro sono presenti anche Stefania Mantelli e Paolino (Paolo Peroni), allora unico elemento maschile nel coro (oltre a Corrado Castellari) nonché figlio della stessa Mitzi Amoroso. Il coro, che possiamo anche considerare come una risposta moderna e qualitativamente eccelsa all’onnipresente Zecchino d’Oro, era formato da voci prettamente femminili e ne facevano parte molti elementi con presenze variabili nel tempo.

Analisi del brano e della linea di basso

Tengo a premettere che il brano è registrato con un’accordatura non perfettamente “centrata” sulla tonalità, sempre probabilmente grazie agli interventi in post-produzione (risulta quasi intermedia tra il Re maggiore e il Mi bemolle maggiore). Nel video allegato all’articolo io l’ho suonata in Re maggiore ma analizzeremo la trascrizione nella tonalità originale che è quella di Mi bemolle maggiore (con modulazione a metà brano in Fa maggiore).

In totale contiamo 65 misure in 4/4 incasellate nella struttura:

Intro – A1 – B1 – A2 – B2.

Una struttura quindi decisamente semplice. Il metronomo è di circa 120 per la semiminima.

L’intro è di 5 misure (la 5a è di 2/4) e anticipa l’elegante giro armonico del ritornello (le sezioni C) che si muove seguendo i seguenti gradi della scala: I – III – IV – V.

La strofa è molto lineare e così in effetti tutto il brano, la chitarra è nell’accompagnamento come sempre nei brani di Castellari, le tastiere non sono così evidenti ma riempiono bene gli spazi inserendosi dove servono. Il basso segue le toniche con uno schema ritmico piuttosto fisso ma con la particolarità del glissato a scendere sull’ultima semiminima di alcune battute.

Fate caso come, anche nelle sigle apparentemente lineari e semplici si cercasse sempre qualche elemento per impreziosire la linea. Quel piccolo particolare a cui nessuno avrebbe pensato (ma Cappellotto si!) rende sempre il banale non banale. Risalta dunque l’esperienza e l’inventiva dei grandi turnisti dell’epoca che venivano chiamati “per far presto” nelle sessioni di registrazione. Tutto da imparare.

Il ritornello, come già detto, ripete lo schema armonico dell’introduzione ma arricchito di alcuni passaggi dove il basso scende cromaticamente. la fine del ritornello si chiude con una misura in 2/4. Consiglio di ascoltare bene il brano perché in questa sezione il basso suona staccato per la maggior parte del tempo.

Quattro battute spostano di netto la tonalità un tono sopra, in Fa maggiore come detto inizialmente, dopodiché il brano si ripete con lo stesso schema. Il ritornello sul finale si reitera ad libitum e sfumando la dinamica.

Come in tutti i brani delle Mele Verdi il coro ha un’importanza enorme e nonostante la voce principale sia in primo piano arriva il momento in cui il coro prende la scena, armonizzato a più voci sempre in maniera delicata ed intelligente. Sul sottofondo, in alcuni passaggi, si sente una voce maschile adulta che altro non è che quella di Corrado Castellari.

Buona suonata e

alla prossima, Community!

Di Giampaolo "il doc" Ciccotosto

Sono nato anni fa, mentre Actarus arrivava in Italia a bordo di Goldrake. Cresciuto a pane, insalate di matematica e vitelli dai piedi di balsa, ho cominciato a respirare musica a fine anni '80 suonando per tanto tempo 88 tasti: erano troppi e ho provato con 6 corde. Inutili anche quelle...ne bastavano 4! Negli anni '90 arrivarono poi in Italia quegli strani fumetti pieni di ramen, katane e buffi sandali di legno: capii finalmente da dove arrivavano tutti i cartoni animati! Dal fragoroso incontro tra musica e anime uscì fuori quell'amore per le sigle che dura fino ad oggi! Ah, dimenticavo: nel tempo che mi rimane sgombro dall'essere un discutibile musicista, faccio anche il medico e mi occupo della mia numerosa famiglia!