Starzinger

Non è un caso che abbia scelto questo anime come nuovo articolo. Ci sono due importanti motivi per cui, nel momento in cui scrivo, sento vicina questa storia. Starzinger (SF西遊記 スタージンガー Science Fiction Saiyuki Starzinger) è un anime creato dall’immenso Leiji Matsumoto, creatore geniale di Galaxy Express 999 e Capitan Harlock.

Lo scorso 13 febbraio è stato il primo anniversario della sua morte. Uno dei più grandi autori si è spento rimanendo vivo nelle sue opere. Poco più di un anno dopo, il 1° marzo appena trascorso, Akira Toriyama torna anche lui, troppo presto, alla musica delle alte sfere (del drago, a questo punto…).

Quelli che sono due tra i miei autori preferiti ormai non ci sono più, hanno lasciato le loro emozioni racchiuse fra i tratti dei loro disegni, ferme, ormai immutabili ma sempre vive per noi che li leggeremo finché ne avremo voglia. E chissene frega se ormai tutti dicono che con Dragon Ball ci sono cresciuti, anche i dodicenni. Per me è proprio così: Dragon Ball l’ho visto concretizzarsi volume dopo volume e si, è il mio manga preferito anche se ormai è sulla bocca di tutti e sembra scontato che tutti sappiano cosa sia. Ed è scontato dire che Toriyama era un genio? Si, era un fottuto genio e disegnava da Dio e mi rode non sapete quanto che non ci sia più. E vabbè mo’ piangi per Toriyama? Si, mi vengono le lacrime, va bene? C’è chi piange per una squadra di calcio, io preferisco piangere perché l’arte non ha più un suo esponente capace di emozionare. Fatemelo fare, concedetemelo.

Allora perché Starzinger? Perché innanzi tutto è una bellissima sigla ma anche perché volevo trovare un punto di connessione che potesse accostare il ricordo di Toriyama a quello di Matsumoto e Starzinger, che ha le stesse origini letterarie di Dragon Ball e gli somiglia più di quanto immaginiate, mi sembrava un giusto modo per legare a noi le loro memorie. Non solo, i maestri Toriyama e Matsumoto godevano di reciproca stima e nel 1981, su Fuji TV, realizzarono un mash-up dei mondi di Arale e de “La regina dei mille anni”. Riposate in pace Maestri.

L’anime in Giappone

Occorre premettere che Starzinger ha ben due precursori: “SF Saiyuki”, romanzo Sci-Fi del 1970 di Eisuke Ishikawa e “Il Viaggio in Occidente” testo classico della letteratura cinese a cui si ispirano moltissime opere di animazione e altrettanti fumetti (scimmiotti, nuvole d’oro, bastoni allungabili e altri dettagli presenti nel romanzo dovrebbero ricordarvi qualcosa!).

Il manga si compone di 73 episodi, andati in onda in Giappone in due serie di 64 e 9 episodi ciascuna. La prima serie fu trasmessa dal 2 aprile 1978 al 24 giugno 1979 mentre la seconda a partire dal 1° luglio 1979.

Nell’anime, si narra di Aurora, principessa della Luna che rappresenta il monaco Xuánzàng del romanzo “Il Viaggio in Occidente”; entrambi, infatti, devono compiere un lungo e difficile viaggio. Aurora è stata scelta perché ha il potere di tenere sul Grande Pianeta l’Energia Galattica ormai in dissoluzione. Jan Coog è il cyoborg che le farà da scorta e rappresenta Son Gokū. La sua arma è infatti un bastone allungabile e il suo mezzo di trasporto è una navicella sulla quale rimane spesso in piedi come sulla nuvola d’oro. Don Hakka rappresenta il personaggio di Zhū Wùnéng, il maiale, e Sir Gorgo è Shā Wùjìng, il demone legato all’acqua. Entrambi faranno parte del trio di scorta di Aurora. La dottoressa Kitty è colei che ha scoperto i poteri di Aurora e rappresenta Guanyin.

La saga ha un’ambientazione fantascientifica e possiede per questo degli elementi estranei alla storia originale. Considerata un’opera minore di Leiji Matsumoto, forse a torto, fonde tanti aspetti e crea una delle trame più interessanti tra gli anime di quel periodo. 

Non solo racchiude tutti quegli insegnamenti propri de “il Viaggio in Occidente” ma va oltre, proponendosi come idea sostitutiva del filone robotico ormai in difficoltà. In Starzinger il genere mecha subiva un evidente viraggio: il concetto di cyborg raggiungeva un apice concettuale sempre più profondo. Accostandosi alla storia di Son Gokū, la storia fa riflettere sul ruolo della tecnica rapportata al genere umano. Ci porta a considerare la contrapposizione tra la volontà umana di potenziare l’organismo con elementi non umani e la crescita interiore, spirituale. L’anime ci sfida a pensare che il desiderio di prevaricare la Natura e di sconfiggere la Morte non sono altro che un ostacolo da oltrepassare per poter acquisire o riacquisire la consapevolezza perduta. Un altro modo per dire carpe diem

Il character design è opera di Masami Suda e la regia del grande Yūgo Serikawa. Due nomi che per anni sono stati vera e propria garanzia di anime di successo.

Esistono due edizioni home video in DVD della serie TV originale: la prima uscita del 2008 e la seconda del 2017. 

L’anime in Italia

Nel nostro Paese questo cartone animato fece la sua comparsa nel 1981, sul circuito delle TV locali.

La serie non è mai stata pubblicata ufficialmente in Italia su alcun supporto home video sebbene sia stata più volte annunciata un’edizione da Yamato Video.

Qualche curiosità inerente alla serie: nell’episodio 16 è presente un cameo di Danguard e del gatto Pero. Sul computer portatile di Gorgo, appare l’immagine della testa del robot e del gatto simbolo della Toei Animation. Nella stessa puntata viene nominato il pianeta Rafflesia che è il nome della regina mazoniana nemica di Capitan Harlock. Nell’episodio 19 viene utilizzata una colonna sonora composta per la serie di Gaiking. 

Il manga in Giappone

Leiji Matsumoto non si è mai preoccupato della stesura del manga di Starzinger ma esistono due versioni comicalize, una di Shigeto Ikehara e una di Gosaku Ota. Quest’ultima versione ha un carattere più spiccatamente umoristico. 

Il manga in Italia 

Sebbene non ci siano edizioni manga italiane che ripubblichino le opere giapponesi sopra citate, non si possono non citare le tavole raccolte sulle riviste “Noi Supereroi” e “Cartoni in Tivù”, disegnate dalla celebre mangaka Yoshiko Watanabe, allieva di Osamu Tezuka ormai trasferita stabilmente in Italia. 

Le sigle originali 

Starzinger no Uta (1978) – Musica di Shunsuke Kikuchi, arrangiamento di Nozomi Aoki e testo di Akira Ito. Gli interpreti sono Isao Sasaki accompagnato dal coro Kōrogi ‘73 e dalla Columbia Orchestra. Prima sigla di apertura degli episodi 1-29. Costituisce la base musicale per l’adattamento italiano. 

https://youtu.be/Hf-LUljc2Iw?si=guMtnPm8W2YkIpqM

Hime no Tame Nara (1978) –   Musica di Shunsuke Kikuchi, arrangiamento di Nozomi Aoki e testo di Akira Ito. Gli interpreti sono i cori Columbia Yurikagokai e Kōrogi ‘73. Sigla di chiusura degli episodi 1-64. Un’allegra ed umoristica marcetta ben orchestrata.

https://youtu.be/QF67sOUJigY?si=zeElR12x8mLV1Pc0

Uchū no Senshi Starzinger (1978) – Musica e arrangiamento di Shunsuke Kikuchi. Testo di Akira Ito. Interpretata da Isao Sasaki e dal coro Kamishiro Yūsukōrasu. Seconda sigla di apertura, episodi 30-64. Inizio marziale che procede verso un brano solido e dritto guidato dalla voce imponente di Sasaki.

https://youtu.be/uHB2WRMVIWs?si=M_V9mSWim7GYNe3r

Bokura no Starzinger (1978) – Musica e arrangiamento di Shunsuke Kikuchi. Testo di Higashi Kasuga. Il brano è stato interpretato da Isao Sasaki con il Columbia Yurikagokai. Sigla di apertura della seconda serie. Un bel basso incalzante e fraseggi di chitarra in un pezzo che non brilla di particolare originalità.

https://youtu.be/L-l9NX8AlbQ?si=Xce1_p5EK8T5qejk

Hoshi ni negaio (1978) – Musica e arrangiamento di Shunsuke Kikuchi. Testo di Tatsuo Tamura. La canzone è interpretata da Mitsuko Horie. Brano di chiusura degli episodi della seconda serie. Una semplice e malinconica canzone sottolineata dalla voce di Mitsuko Horie, vera icona delle sigle.

https://youtu.be/93jcy3VUBvk?si=uVda2x_aefPsKtVg

La sigla italiana

Starzinger (1981): su musica originale, il testo fu affidato a Giancarlo Balestra. Le voci e i cori sono quelle dei tre Fratelli Balestra, autori poliedrici anche di altre memorabili sigle. Claudio, recentemente scomparso, suonava la chitarra e si occupava della composizione, Mauro era bassista, chitarrista e arrangiatore mentre Giancarlo era il paroliere e suonava il pianoforte. Nella loro carriera hanno usato anche lo pseudonimo di Condors e hanno collaborato, per quanto riguarda il mondo delle sigle, con vari artisti come Superobots/Rocking Horse, Micronauti e Oliver Onions. Al di là delle sigle sono moltissime le loro collaborazioni con grandi artisti. Basti pensare che i cori di “Grazie Roma” di Venditti sono i loro.

La sigla venne usata in Italia come apertura e chiusura di tutte le puntate.

https://youtu.be/mqArNw1Uhag?si=t_U5IShOAsmGrirl

Analisi del brano e della linea di basso

Il pezzo ha la strofa in Mi minore e il ritornello in Mi maggiore. Vi è un piccolo intro che si ripete dopo il secondo ritornello. Il metronomo corre abbastanza velocemente: impostatelo tenendo la semiminima a 157. Il pezzo è interamente in 4/4 e misura un totale di 107 battute.

La struttura generale è così riassunta: Intro – A1 – B1 – A2 – B2 – Intro – A3 – B3

Il brano, come ho avuto già occasione di dire, è stato composto da Shunsuke Kikuchi. Una chicca che forse in pochi sanno: la sigla, essendo stata registrata dalla Columbia Orchestra, si serviva di tutti i suoi musicisti. Al basso elettrico è noto che si siano avvicendati i bassisti Masaoki Terakawa e Makoto Sasaki.

L’intro inizia fuori tonalità, verosimilmente con un Fa maggiore con la 9a aggiunta, il basso segue la semplicemente la tonica. Dopo le rullate della batteria inizia il ritmo incalzante della strofa che caratterizzerà tutto il pezzo. Tutti seguono incessantemente le pulsazioni del basso, in un ritmo abbastanza serrato. Lo schema ritmico principale è, classicamente, una semiminima puntata seguita da una croma e non ci sono difficoltà tecniche particolari. La difficoltà sta tutta nell’intenzione portata su un pezzo tutto sommato veloce, dall’inizio alla fine senza distrazione.

La sezione successiva, il ritornello, di 16 misure come la precedente, ha una prima parte dove il basso si movimenta dal punto di vista ritmico ma non abbandonando mai del tutto il groove di fondo. Anche nei ritornelli non ci sono particolari difficoltà tecniche. Segnalo l’hammer-on alla battuta 23 (e in quelle simili negli altri due ritornelli) che ha il compito di farci cadere su una geniale terza al basso di un accordo fuori tonalità usato come passaggio cromatico. Anche le molte crome in levare devono essere eseguite attentamente.

Da qui in avanti si ripete quanto già descritto poiché si ripresenta altre due volte l’accoppiata strofa-ritornello con poca variabilità. Segnalo che il secondo ritornello è più corto di due misure e lascia poi spazio alla ripetizione dell’intro.

Dal punto di vista armonico il brano si rivela in alcuni punti molto interessante. I cambi armonici sono molti e vari e si muovono sia sui gradi della scala di riferimento sia prendendo in prestito altri accordi e dominanti secondarie. Ad esempio alla battuta 12 segnalo un Do# semidiminuito preso in prestito dall’armonizzazione della scala di Mi minore melodica che conduce alle dominanti secondarie Fa#7 (V grado di Si) e Si7 che chiude come V grado di Mi su Mi minore. Anche il Re7 alla misura 16 può essere considerato funzionalmente un V grado utile a chiudere sul Sol maggiore successivo (e non un VII grado di Mi minore).

L’arrangiamento del brano, sebbene possa apparire monotona è a mio avviso veramente esaltante. Poche cose fatte ad arte. La chitarra e il pianoforte sono appena accennati mentre gli archi la fanno da padroni compiendo delle armonizzazioni, tra di loro e con le voci, realmente poetiche. Le voci e i controcanti dei fratelli Balestra si incastrano in maniera sublime con la trama degli archi enfatizzando le armonie sottostanti. La batteria è spesso chiamata ad eseguire rapide rullate e in qualche momento è doppiata dai fragorosi timpani.

In conclusione si tratta di un brano diviso in tre parti molto simili tra loro, privo di special e bridge. Un brano veramente essenziale, arrangiato con esperienza, con un cantato in italiano che personalmente ammiro più dell’originale.

Ora, non resta che suonarvelo!
Alla prossima, Community

Di Giampaolo "il doc" Ciccotosto

Sono nato anni fa, mentre Actarus arrivava in Italia a bordo di Goldrake. Cresciuto a pane, insalate di matematica e vitelli dai piedi di balsa, ho cominciato a respirare musica a fine anni '80 suonando per tanto tempo 88 tasti: erano troppi e ho provato con 6 corde. Inutili anche quelle...ne bastavano 4! Negli anni '90 arrivarono poi in Italia quegli strani fumetti pieni di ramen, katane e buffi sandali di legno: capii finalmente da dove arrivavano tutti i cartoni animati! Dal fragoroso incontro tra musica e anime uscì fuori quell'amore per le sigle che dura fino ad oggi! Ah, dimenticavo: nel tempo che mi rimane sgombro dall'essere un discutibile musicista, faccio anche il medico e mi occupo della mia numerosa famiglia!